Denys Calvaert – Annunciazione

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ANNUNCIAZIONE

Denys Calvaert (Anversa ca.1540 – Bologna 1619), detto Dionisio Fiammingo

Olio su rame, 30 x 24,5cm

Cornice d’epoca in legno dorata 

Provenienza: Svizzera, collezione privata

Inedito



Di origine fiamminga fu allievo di Christian van den Queborn (Anversa 1515 – 1578) dal quale apprese la pittura paesaggistica. Si trasferì in Italia, prevalentemente a Bologna, dove si cimentò nella pittura figurativa presso i maestri Prospero Fontana e Lorenzo Sabbatini e studiando le opere di Antonio da Correggio, Parmigianino e Pellegrino Tibaldi da diventare un esponente di spicco della corrente tardo-manierista bolognese .

Dopo un breve periodo di studio a Roma apri nel 1574 a Bologna una scuola che vantò allievi prestigiosi come Guido Reni, Francesco Albani e il Domenichino. 

Noto in Italia come Dionisio il Fiammingo era molto apprezzato per la lucentezza cromatica dei colori smaltati, l’esecuzione della prospettiva, nell’accuratezza dei dettagli, che meglio si apprezzano nei suoi piccoli e ricercati dipinti in rame nei quali si scorge spesso l’influenza del Barocci, come in questo caso. Fu talmente stimato, che bensì in netto contrasto con l’Accademia dei Carracci, nota anche come Accademia dei Desiderosi e quindi quale Accademia degli Incamminati (1590), fu Ludovico Carracci in persona ad occuparsi delle onoranze funebri di Calvaert officiate nella chiesa dei Serviti.

In questo dipinto inedito la scena dell’Annunciazione si svolge all’interno della camera di Maria, come si evince dal baldacchino sullo sfondo sinistro.  Sullo stesso lato la Vergine è inginocchiata sullo scalino di un inginocchiatoio era intenta a leggere, ma viene interrotta dall’arrivo dell’Angelo Gabriele sulla sua destra inginocchiato dinnanzi a lei. Maria è vista di trequarti con il volto girato indietro verso l’Angelo, lo sguardo abbassato sul giglio bianco chinato verso terra, che è adagiato nella mano sinistra, posata sul ginocchio destro dell’Angelo, quale evidente riferimento all’ Umiltà e alla Purezza, simboli imprescindibili nell’Annunciazione. Lo stesso vale per il gesto con il quale Maria porta il braccio destro a se sul petto a chiudere il velo, che le scende dalle spalle, quale segno di Castità, mentre la mano sinistra si adagia con delicatezza  sulle pagine del libro posto sul leggio davanti a lei .

Sulla destra in alto lo spazio intimo nel quale si trova la scena viene interrotto da un ampio arco sormontato da una balaustra: una finestra dalla quale si intravede un paesaggio urbano- evidente è l’omaggio all’Annunciazione (1582) di Federico Barocci (1535-1612) nella cui finestra si intravede il Palazzo Ducale di Urbino e che fanno datare il dipinto intorno all’ultimo decennio del XVI sec.

L’ Arcangelo, messaggero di Dio, è colto mentre punta il dito verso l’alto al centro della scena una nube incorniciata da due angioletti, che la delimitano e sorreggono come Telamone. Verso il centro dei circoli concentrici di Cherubini avvolti dalla nube, mentre dall’interno erompe uno squarcio di luce abbagliante dal quale fuoriesce la Colomba bianca, quale simbolo dello Spirito Santo, proiettato verso Maria in basso a sinistra. Questo tema dello Spirito Santo è molto caro a Calvaert ed è assai ricorrente nella sua pittura, specie in quella particolarmente ricercata e apprezzata e come meglio rappresentata in questo piccolo dipinto su rame destinato certamente alla devozione di una esigente clientela privata e nel quale si riassume la cura per il dettaglio, lo splendore e l’armonia dei colori e l’esecuzione raffinata della prospettiva. 

La cornice dalla struttura essenziale si complica con intagli più ricchi. La modanatura interna, detta a battuta, sopravanza leggermente il telaio per trattenere il dipinto, quella esterna, detta al profilo, svolge una funzione meramente decorativa e di chiusura. Il profilo esterno viene celato da motivi ornamentali sovrapposti di frutti, foglie e volute. 

Questa composizione trova un suo diretto riscontro in un’ altra Annunciazione, che si trova nell’Archivio di Federico Zeri e da lui attribuita a Denis Calvaert, ma mancante della scena centrale dello Spirito Santo. 

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