L’Anima e il Volto – Palazzo Reale Milano 1998

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L’ anima e il volto. Ritratto e fisiognomica da Leonardo a Bacon

di Flavio Caroli (Autore)
F. Caroli (Curatore)
Mondadori Electa, 1998    

Ragazza di Tahiti
Olio sui pannelli di vetro di una porta di legno
100 x 75 cm
Firmato in basso a destra: P. Go.

Collezione privata

Bibliografia: 
– Playboy 1919, p.6.: Maugham 1949, p.130.

– Jeudweine 1956, p. 106, fig. X. 

– Art, Lettres, Spectacles 1958, n. 683; Cameron 1958, pp. 76-77.
– Lieutenant 1958; Purely for my pleasure 1962, n. 10. 
– Wildenstein 1964, pp. 227-228, n. 552. 
– Sugana 1981, n, 372. 
– The Art of Paul Gauguin 1988, pp. 241-242, n. 134: Elkins 1994.

Il dipinto fu acquistato nel 1916 da William Somerset Maugham per 200 franchi a Tahiti, nella località di Mataica, dove lo scrittore si era recato a raccogliere materiale per The Moon and Sixpence. Il racconto della scoperta si trova in A Writer’s Notebook (1949), e in seguito in Purely for my pleasure (1962). Maugham trasporta il dipinto a Parigi, e poi nel suo studio nella villa di Cap-Ferrat, Nel 1962, quando lo scrittore vende la sua collezione di arte moderna (Purely for my pleasure 1962), un sensibilissimo collezionista americano, Philip I. Berman e sua moglie la comperano. L’opera viene quindi esposta al Philadelphia Museum of Art, del quale Berman era presidente. Oggi si concorda nel datare l’opera al 1892, dopo che in passato erano state proposte altre due date: il 1896, quando Gauguin abitava a Punaauia, e il 1898-1899, quando si trasferì a Paofai. Nel gennaio del 1892, il pittore si fa ricoverare all’ospedale di Papeete, ma vi resta poco, uscendone quasi subito per recarsi presso un vicino di casa, proprio a Mataiea, per un periodo di convalescenza che si prolunga fino a marzo. L’opera, insieme ad altre due, già distrutte però dai bambini di casa quando vi giunge Maugham, viene dipinta in segno di riconoscenza per l’ospitalità sui sei pannelli in vetro di una porta di legno. Anche Aaron Elkins (1994, p. 22), in un reportage di viaggio sulle tracce di Gauguin e di Maugham, racconta della casa di Mataica, della convalescenza del 1892 e di “Eve in the Garden of Eden”. 

Anche il confronto del volto della modella con la serie di disegni di teste di Teha’amana, la vahiné del 1891-1893, esposti alla Fondazione Gianadda (Pickvance 1998), concorda con la datazione proposta. Le altre tre opere di Gauguin su vetro note sono di poco posteriori, databili al 1893-1894. 
Le prime due (Wildenstein 1964, cat. W.511 e W.510), dipinte su due vetri, decoravano una finestra dello studio di rue Vercingétorix a Parigi. La terza, Rupe Tahiti (Wildenstein 1964, cat. W.509), è anch’essa una porta con sei pannelli di vetro, dove nell’elemento in basso a destra vi è solo la firma “P. Go.”. Nel 1892, in agosto, Gauguin scriveva a Daniel de Monfreid: “La vetrata semplice che attrae l’occhio con le sue divisioni di colori e di forme è ancora quello che c’è di meglio. In un certo senso è musica (…). Le vetrate, l’arredamento, la ceramica, eccetera… ecco in fondo le mie attitudini, molto di più di quanto non lo sia la pittura propriamente detta” (Lettres 1950). L’opera ha partecipato alla mostra “The Art of Paul Gauguin” alla National Gallery of Art di Washington e al The Art Institute of Chicago, da maggio a dicembre 1988 (The Art of Paul Gauguin 1988). In quell’occasione, a Washington venne preparato un rapporto sullo stato di conservazione da parte di Marvin Richard con la cooperazione dei curatori e conservatori della National Gallery. Il rapporto parla di lievi e irrilevanti danni alla cornice in legno (“Losses on the door frame”) che fanno parte della storia dell’opera e che si consiglia di non toccare dell’eccellente stato di conservazione dei pannelli in vetro dipinti (“Everyone agreed that the paint layers on the glass portion of the work were stable and required no treatment”). Questo rapporto, riconfermato diverse volte da altri conservatori, è tutt’ora valido. Ragazza di Tahiti è l’opera dove Gauguin ha mostrato la più autentica immagine della sua Tahiti, dipinta per puro piacere, senza influenze di mercato o di critica. Quando Maugham, nella casa di Mataiea, si trova di fronte alla porta dipinta, la sua impressione immediata è di scoprire Eva nel paradiso terrestre. Il paradiso terrestre tahitiano, d’altronde, è un tema ricorrente negli scritti di Gauguin: “I imagine, the first man and the first woman in Paradise. Tahitian Paradise, nave nave, fenua, land of delight”: “And Eve of this Paradise becomes more and more docile, more loving” (Noa Noa 1919). Invitante nella sua vulnerabile naturalezza, in una bellezza senza forzature, la figura completa, posta di lato e volta di tre quarti, apre allo sguardo dell’osservatore questo paradiso, dove accanto all’albero sta un coniglio, indifeso e tranquillo. Il frutto del pane proteso in segno di offerta basterebbe cosi a rappresentare l’invito a entrare in un mondo sereno e felice; ma è con gli occhi che Eva parla all’osservatore, occhi aperti, ben definiti, la pupilla nera, leggermente a mandorla, con lo sguardo disarmante diretto verso chi guarda: “They actually made me timid with their sure look, their dignity of bearing, and their pride of gait. In them resides a force which has in it something superhuman or perhaps divinely animal” (Noa Noa 1919). Nel marzo del 1892 Gauguin deve invece pensare alla partenza. Non ha più soldi per comperare le tele, e anche la spedizione delle opere finite è molto difficoltosa. Le vele bianche all’orizzonte parlano di partenze, e per accettare quell’invito a restare nel paradiso, non basta avere l’animo forte, né la coscienza di questa lotta. [CM]

Claudio Metzger con Philip Isaac Berman a casa ad Allentown in Pensilvania.

Philip e sua moglie Muriel, in 55 anni di matrimonio, si sono occupati della famiglia, del lavoro, hanno viaggiato in tutto il mondo e sono stati grandi filantropi, sostenitori delle arti e grandi collezionisti. Ho avuto l’onore di godere dell’amicizia di Philip e Muriel, noti come gli “Amazing Berman” e viaggiare con loro in Italia e Francia.
Philip era un vero uomo del Rinascimento, amava l’Italia e la sua arte, ma non aveva limiti e per lui tutta l’arte era contemporanea. Ti parlava di Picasso come di Henry Moore, di Paul Gauguin come di Brancusi.
Veramente indimenticabili.

Claudio Metzger

Note biografiche nella pagina della Lehigh University

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